“L’educazione sentimentale” di Gustave Flaubert

(Garzanti, 2004)

Questo splendido romanzo, pubblicato per la prima volta nel 1869, oltre ad essere un capolavoro della letteratura mondiale, è una delle colonne portanti di quella romantica.

Non si dovrebbe affrontare l’adolescenza amorosa  – a qualsiasi età questa arrivi – senza averlo letto.

Nella vita di tutti noi ci sarà sempre una Madame Arnoux, soprattutto nei ricordi, che col passare del tempo diventano sempre più affilati.

Da leggere più di una volta nella vita.

D’altronde ”L’educazione sentimentale” è uno dei motivi per cui vale la pena vivere per Isaac/Woody Allen protagonista di “Manhattan”.

“Dietro i candelabri” di Steven Soderbergh

(USA, 2013)

In questo film possiamo goderci la più grande interpretazione di Michael Douglas degli ultimi anni, premiato non a caso con un Golden Globe (era fuori la corsa all’Oscar perché in USA il film è stato trasmesso in televisione).

Lo stesso attore che ha impersonato il detective Nick Curran in “Basic Instinct” e Gordon Gekko in “Wall Street” ci regala il ritratto controverso di Liberace, uno degli artisti più famosi ed eccentrici dell’America della seconda metà del Novecento, palesemente omosessuale ma non ufficialmente – e questo in quegli USA faceva la sua differenza – in una performance paragonabile solo a quella inarrivabile di Ugo Tognazzi in “Splendori e miserie di Madame Royale” diretto da Vittorio Caprioli nel 1970.

Strepitoso, come sempre, anche Matt Damon che veste i panni del toy-boy Scott Thorson, che poi pubblicherà la sua autobiografia da cui è tratto il film.

Davvero molto bello.

“L’esercito delle 12 scimmie” di Terry Gilliam

(USA,1995)

Che Terry Gilliam sia uno dei registi più visionari degli ultimi quarant’anni è un dato di fatto, e che questo fantascientifico e apocalittico film sia uno dei migliori del suo decennio, pure.

Ispirato al sorprendete film fotografico “La Jetée” (la terrazza) che il francese Chris Marker ha realizzato nel 1962 e che ancora oggi mantiene tutto il suo fascino drammatico, “L’esercito delle 12 scimmie” ci porta avanti e indietro nel tempo all’inseguimento di un fantomatico untore che nel 1996 darà il via a una epidemia che in breve tempo ucciderà il 99% della popolazione mondiale.

Con le immagini claustrofobiche e piene di plastica, tipiche di Gilliam, appassiona ad ogni visione, anche nel lato romantico della trama in cui spicca una bella e soprattutto struggente Madeleine Stowe alle prese con un “pazzo” e quasi sempre sanguinante Bruce Willis; amore che trova il proprio culmine nella splendida e indimenticabile scena finale.

E non ci dimentichiamo il giovane Brad Pitt che azzecca la parte dello schizofrenico esaltato.

“Indiana Jones e predatori dell’arca perduta” di Steven Spielberg

(USA, 1981)

Se all’incirca il 13% dei maggiori blockbuster hollywoodiani porta la firma di Steven Spielberg e George Lucas ci sarà un motivo!

E quando il primo decide di realizzare un’idea del secondo, le cose diventano ancora più spettacolari, e “Indiana Jones e i predatori dell’arca perduta” è il migliore degli esempi.

Spielberg riesce a portare sul grande schermo la storia geniale creata da Lucas, scritta insieme a Philip Kaufman e Lawrence Kasdan, sul professore universitario e archeologo d’azione che deve combattere i nazisti, creando un nuovo linguaggio visivo che cambia per sempre il cinema d’avventura.

Il tutto farcito con una deliziosa e sorniona ironia che con il passare degli anni non perde un colpo.

Non voglio parlare dei sequel, fra cui l’unico all’altezza è “Indiana Jones e l’ultima crociata”, per non rovinare tutto (del quarto merita un pensiero solo l’affascinante caschetto nero della bella e crudele Cate Blanchett).

E pensare che per il ruolo da protagonista Spielberg voleva Tom Selleck, che però si era appena impegnato in maniera esclusiva nella serie “Magnum P.I.”, e Harrison Ford fu una sorta di “ripiego” suggerito da Lucas…

Quanto questo film ha inciso nell’immaginario collettivo? …Dopo averlo visto, dite la verità, i ruderi maya non sono più gli stessi!

“Sacro GRA” di Gianfranco Rosi

(Italia, 2013)

Questo docufilm, premiato con il Leone d’Oro lo scorso anno, ci dona una ritratto di Roma degno di quelli che hanno firmato Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini e Ettore Scola.

Definirlo un semplice documentario è sinceramente troppo riduttivo, anche se ogni fotogramma è stato rubato direttamente dalla realtà.

E qui non ho la minima intenzione di impegolarmi in una discussione filosofica sul documentario, che secondo alcuni falsa la realtà per il solo fatto di riprenderla…

Ma bando alla ciance, e godiamoci questa bella pellicola sull’affascinante e viva “grande bellezza” delle periferie romane.

“In cerca di Amy” di Kevin Smith

(USA, 1997)

Questo è uno dei film che porterei sull’isola deserta.

Già quando lo vidi la prima volta al cinema, e tutte le volte che poi lo rivedo – anche se la sua programmazione è davvero e inspiegabilmente rara – mi lascia, nel bene e nel male, frastornato per ore.

Kevin Smith scrive e dirige una delle migliori commedie (non solo sentimentali) degli anni Novanta, con un bravo Ben Affleck e una bravissima e fascinosissima Joey Lauren Adams, che mette allo scoperto le paure e le ossessioni – troppo spesso stupide e infantili – che rischiano di compromettere l’amore vero.

Ossessioni a cui soprattutto noi uomini “virili” diamo stoltamente sempre troppo credito.

Ambientato nel mondo dei comics americani, “In cerca di Amy” ha un altro grande merito: quello di raccontare, senza false ipocrisie o stupidi preconcetti, il mondo gay e lesbo che deve confrontarsi quotidianamente con quello etero.

Per la chicca: Kevin Smith appare nel film nei panni del mitico Silent Bob, e sarà lui a spiegarci chi e quando si è …in cerca di Amy.

Da far vedere nelle scuole, soprattutto agli adolescenti che si affacciano per la prima volta nel mondo dell’amore e del sesso.