“I love Radio Rock” di Richard Curtis

(UK/Germania/Francia, 2009)

Sembra incredibile pensare che nel 1966 nel Regno Unito il Rock and Roll fosse considerato, dalla parte più reazionaria della società – che sedeva poi negli scranni più alti della politica – pornografia bella e buona.

Da qui il divieto legale di trasmetterlo nelle radio ufficiali del Paese. Ma quella musica, simbolo di un’epoca e poi di una generazione, era inarrestabile e così, per ovviare al divieto, nacquero radio private che trasmettevano da navi che giravano al di fuori delle acque territoriali di Sua Maestà.

La più importante e seguita fu proprio Radio Rock che, con la sua musica e con i suoi dj fuori le righe, dettò il ritmo di quasi tutti i sudditi di Elisabetta II. Per questo la reazione del governo fu implacabile…

Grande storia rock con un grande cast in cui spiccano l’indimenticabile Philip Seymour Hoffman, Nick Frost, Bill Nighy (il terribile Capitano David Jones dei Pirati dei Caraibi) e Kenneth Branagh.

E con una colonna sonora da urlo che ci racconta com’erano gli anni Sessanta e quello che noi – ancora nemmeno nati – ci siamo persi.

Il Rock è vivo e combatte con noi!

“La vita segreta delle parole” di Isabel Coixet

(Spagna, 2005)

Diciamo la verità, il dramma che fino a pochi anni fa ha devastato e dilaniato i Balcani noi, che eravamo così vicini ma in realtà così lontani, non lo abbiamo vissuto, studiato e compreso davvero.

Sulle sue ragioni storiche ci sarebbe tanto da dire, ma su quello che poi ha comportato e significato sulle generazioni che lo hanno vissuto, invece, non se ne parla mai abbastanza.

E questa bella pellicola – premiata anche al Mostra del Cinema di Venezia – diretta dalla spagnola Isabel Coixet, e prodotta da Pedro Almodovar, ci riporta a quel dramma con un’eleganza e una delicatezza davvero rare.

Hanna (una bravissima Sarah Polley) è una giovane infermiera che accetta un lavoro temporaneo su una piattaforma petrolifera in mezzo al mare. Il suo compito è quello di assistere Josef (il premio Oscar Tim Robbins), un operaio che a causa di un incidente sul lavoro ha momentaneamente perso la vista.

Ovviamente il mezzo per distrarre e rendere più sopportabile la convalescenza a Josef è la parola, e così Sarah comincia a raccontare storie ed episodi della sua vita, fino ad arrivare a confidare al degente la tragedia che, suo malgrado, ha subito durante il conflitto nei Balcani.

Un film tanto commovente quanto lucido e sincero, con un grande cast fra cui spiccano la Polley e Robbins, ma anche, in parti minori, Julie Christie e il grande Javier Camara.

“Una giornata particolare” di Ettore Scola

(Italia, 1977)

Ettore Scola scrive – insieme a Ruggero Maccari e con la collaborazione di Maurizio Costanzo – e dirige uno dei manifesti più belli contro l’omofobia e la condizione servile della donna durante il ventennio fascista.

Per quanto riguarda l’omosessualità è vero che fortunatamente – come si dice nei migliori circoli culturali – le cose sono cambiate, ma di strada ancora ce n’è da fare: la cronaca purtroppo ci riporta ancora di persone (soprattutto giovani) che vengono perseguitate o peggio ancora si tolgono la vita per la propria, incompresa e troppo spesso derisa e condannata, sessualità.

Per quanto riguarda la condizione delle donne mi piacerebbe dire altro, raccontare come nel nostro Paese, che partecipa al G8, la considerazione al lavoro come in famiglia di una donna sia esattamente come quella di un uomo. Ma non è così.

Il femminicidio e gli abusi sulle donne sono reati che quotidianamente riempiono le cronache delle nostre testate. Per non parlare poi del ruolo della donna – soprattutto se è mamma – al lavoro…

Non siamo ancora alla situazione di quel lontano giorno in cui Hitler venne in visita a Roma – giornata in cui si svolge il film di Scola – ma non ne siamo ancora così lontani però.

Non si sbaglia mai a ricordare che nel nostro Paese le donne hanno potuto votare per la prima volta, senza vincoli, nel 1946; e che proprio in questi giorni gira in radio uno spot della Presidenza del Consiglio dei Ministri che ci dice come siano importanti le donne nel mondo del lavoro e per questo è stata fatta una legge apposita dal Ministero delle Pari Opportunità… insomma: siamo un Paese che ha ancora bisogno di una legge per rendere le donne uguali agli uomini nel mondo del lavoro! …Povera Italia.

Ma tornando al film, merita un plauso Sophia Loren che intelligentemente ha accettato di farsi invecchiare e nascondere – con evidente difficoltà – le proprie curve, che anche allora erano davvero prorompenti, per rendere la sua Antonietta ancora più credibile.

E plausi anche a Marcello Mastroianni per la sua garbata e raffinata rappresentazione di un omosessuale degli anni Trenta, mai sopra le righe ma davvero efficace.

Ed infine ecco la chicca: ad impersonare la figlia adolescente di Antonietta c’è una giovane – alquanto anonima in verità – Alessandra Mussolini. Che la politica c’abbia rubato una grande attrice?

“Frankenstein Junior” di Mel Brooks

(USA, 1974)

Ogni battuta di questa straordinaria pellicola di Mel Brooks è impressa nella memoria di tutti, e non solo per una sceneggiatura irresistibile (firmata dallo stesso Brooks insieme a Gene Wilder), ma perché – anche a distanza di tanti anni – si intuisce che sul quel set, come in pochi altri nella storia del cinema, si creò un’atmosfera e un feeling così speciale che permisero di dare vita a uno dei capolavori comici di tutti i tempi.

Un esempio è la gobba “mobile” di Ygor (un grande e indimenticabile Marty Feldman), che non era nella sceneggiatura originale, ma una trovata dello stesso Feldman per prendere in giro i colleghi sul set.

Altro esempio – e purtroppo parliamo ancora di un’altra grande artista scomparsa prematuramente – è quello di Madeline Kahn che era stata scelta per il ruolo di Inga, ma che chiese espressamente a Brooks di fare Elizabeth nei panni della quale si sarebbe divertita di più (e dalle torto!).

Anche se Mel Brooks ha firmato altre divertenti commedie e parodie, questa rimane indiscutibilmente la migliore. Indimenticabili, infatti, sono le interpretazioni di tutti, anche in ruoli secondari come Cloris Leachman, Kenneth Mars e Liam Dunn.

Adesso leggi ad alta voce: “FRAU BLÜCHER” …e dimmi se non senti il nitrito dei cavalli?!

“Zelig” di Woody Allen

(USA, 1983)

Woody Allen firma una delle sue più geniali e splendide pellicole.

Di fatto il suo film più costoso – soprattutto per il grande e vario materiale d’archivio utilizzato e fuso con maestria ed effetti speciali con quello girato appositamente in bianco e nero – al box office però non ha avuto particolare fortuna, anche se oggi è considerato uno dei capolavori assoluti del cinema mondiale.

Forse il pubblico di allora non era pronto a una rivoluzione così profonda, eppure Allen aveva conosciuto il successo internazionale proprio con un altro finto docufilm: “Prendi i soldi e scappa”, con protagonista l’ineffabile Virgil Starkwell.

Ma Starkwell era il soggetto di un classico film comico, pieno zeppo di gag surreali, sia fisiche che cerebrali. Leonard Zelig, invece, è un personaggio molto più sottile e profondo, che rappresenta tutte quelle insicurezze con cui – chi più e chi meno – abbiamo dovuto lottare e imparare a convivere.

Una grande opera immortale e sempre attuale: siamo tutti un po’ Leonard Zelig!

“Gli Incredibili” di Brad Bird

(USA, 2004)

E’ inutile fare quell’espressione, già l’ho ammesso più volte: sono un fan sfegatato dei geni della Pixar, e se quelli realizzano film spettacolari con immagini e sceneggiature clamorose non è colpa mia.

Come spesso accade dietro un loro film c’è un argomento ben preciso. Se “Up” era dedicato alla terza età, e soprattutto al modo in cui chi ha la fortuna di arrivarci sceglie di viverla, qui facciamo un passo temporalmente indietro e ci fermiamo alla mezza età.

Chi a vent’anni non si sentiva invincibile, andando a letto all’alba, dormendo poche ore, e una volta in piedi, fresco come una rosa, era pronto a ricominciare?

…Ma col passare degli anni però le cose cambiamo, e con l’arrivo dei figli ci appesantiamo – non solo fisicamente – e passiamo troppe serate a ricordare i bei tempi andati.

Le cose poi precipitano se una bella bionda sexy ci avvicina perché è desiderosa di farci rivivere i nostri momenti da “super”…

Geniale metafora della vita, come geniale la distribuzione dei super poteri in famiglia: Bob l’uomo d’acciaio “Mr. Incredible”, Helen “Elastigirl” (quale migliore riconoscimento a una mamma tutto fare?), Dashinell “Flash” il piccolo scintillante alla soglia dell’adolescenza, e Violetta l’invisibile, la figlia grande in piena adolescenza.

Menzione speciale allo spettacolare e inclassificabile Jack Jack…

Un plauso anche ai nostri doppiatori e soprattutto a Laura Morante che da la voce a Elastigirl. Due Oscar: miglior film d’animazione e miglior suono.

Da vedere e rivedere (soprattutto passati i 40!).