Ieri sera si è chiusa l’edizione 2016 del Torneo delle 6 Nazioni, in cui ha dominato vincendo anche il Grande Slam (non accadeva del 2003, anno in cui poi si laureò Campione del Mondo) l’Inghilterra di Eddie Jones. Il ct australiano, che proprio contro gli inglesi perse la finale in casa della RWC2003 come allenatore dei Wallabies, è riuscuto sapientemente a raccogliere i pezzi del Mondiale fallito nel settembre scorso, e a creare una squadra competitiva e solida. La Francia, comunque, ha onorato a partita facendo vedere sprazzi di quel rugby champagne che ormai da troppo tempo manca ai transalpini. Ma il nuovo corso del XV francese è iniziato e forse già dal prossimo anno i Galletti torneranno nell’Olimpo del rugby mondiale.
A proposito di crescita, si deve parlare della bella Scozia che ieri a Dublino, nel secondo incontro della giornata, ha mostrato quanto sia cresciuta e quanto ancora possa crescere, se ha perso lo ha fatto solo per la superiore organizzazione tecnica dei padroni di casa, che, grazie anche a un geniale ma anche indisponente Sexton (uscito a meno di dieci minuti dal termine della partita con un meritato Sin Bin) ha vinto la battaglia aerea e quindi l’incontro.
E adesso la partita più dolorosa: Galles-Italia 67-14. L’ultimo incontro del nostro Torneo doveva dimostrare che avevamo ancora qualche titolo per essere nel Torneo sportivo più antico del mondo. L’orgoglio e il coraggio dei nostri ragazzi che sono scesi in campo non è certo mancato. Quello che è mancanto, invece, è stato tutto il resto. E’ stato fin troppo evidente che la nostra Federazione, in sedici anni di partecipazione (e quindi di condivisione di compensi economici del Torneo, che sono alla base della gestione dei team delle altre Federazioni) spesso continua a mandare in campo giovani atleti senza la minima esperienza internazionale. Oltre ai nostri nazionali che giocano in Francia o in Inghilterra – dove ogni partita di club è di altissimo livello – il resto della nostra selezione gioca in club o franchige che hanno un ambito nettamente inferiore. E questa non è certo colpa dei giocatori (così come lo ha sottolineato anche Capitan Parisse nel post-partita), ma dell’intero sistema ovale italiano, e soprattutto di chi lo gestisce e lo organizza. Il 67-14 è esattamente il divario tecnico che esiste fra il nostro campionato nazionale, le sue squadre e soprattutto i suoi tecnici (anche quelli delle giovanili) e quello francese o inglese. Come ho gia detto nel corso di questo Torneo, la FIR ora deve azzerare tutto e ricominciare da capo, cambiare radicalmente il sistema del nostro ovale. Ma quello che lascia perplesso però è che ieri, dopo la disfatta più pesante a Cardiff nella nostra storia del Torneo, il presidente federale Gavazzi parlava tranquillo dei progessi fatti dalla nostra nazionale under20, come se fossimo nel Torneo da solo un paio d’anni.
Speriamo bene.